Perchè è importante iniziare a pensare ad una pensione integrativa

0 Comments

Fin troppo spesso negli ultimi tempi si sente parlare del cosiddetto “problema pensioni”: che sia durante una chiacchierata al bar davanti ad un caffè, ad un incontro di lavoro o anche solo leggendo le news, il discorso in un modo o nell’altro salta fuori. “Chissà quando andremo in pensione…” 

“Ma come faremo a campare con 500 euro al mese…” o anche addirittura “… se mai ci arriveremo, alla pensione!”. 

Ma qual è effettivamente il problema? Cerchiamo di analizzare i fatti nel modo più semplice e chiaro possibile. 

Lo Stato Italiano, al fine di trovare i fondi necessari per l’erogazione delle prestazioni pensionistiche, utilizza un metodo di finanziamento detto A RIPARTIZIONE, ovvero ciò che i lavoratori di oggi versano in contributi previdenziali viene distribuito sotto forma di pensione a coloro che hanno già maturato tale diritto, e analogamente i lavoratori di domani finanzieranno le pensioni future. 

In passato questo metodo funzionava, anzi garantiva la possibilità di andare in pensione molto presto e di ricevere prestazioni di tutto rispetto, perché la popolazione era in costante crescita (fino alla metà degli anni ’70 ogni coppia aveva mediamente più di due figli) e soprattutto il numero di lavoratori giovani era di gran lunga maggiore rispetto al numero di pensionati: una società detta a “Piramide”. Infatti chi ha lavorato e ha versato contributi prevalentemente durante la seconda metà del ‘900 ha il diritto di percepire una pensione calcolata attraverso il METODO RETRIBUTIVO: la pensione è proporzionata agli ultimi salari percepiti (e dunque quando generalmente si è arrivati all’apice della propria carriera lavorativa). 

Grafico 1 

Media di figli per famiglia a partire dal 1946 al 2012 

Ma questo metodo era finanziariamente insostenibile: chi andava in pensione lo faceva da giovane e ricevendo molto di più di quanto non avesse in realtà versato in contributi nel corso degli anni. La distribuzione della popolazione, composta appunto da molti giovani e da pochi pensionati, permise in qualche modo di abusare di questo sistema e di nascondere il problema, poiché i soldi che entravano sotto forma di contributi erano maggiori rispetto a quelli che uscivano, ma quando la situazione demografica invertì la tendenza divenne evidente a tutti che l’intero sistema andasse rivisto. 

Per far fronte a questa necessità, vennero attuate in particolare due Riforme al sistema previdenziale, quella Amato (1992) e quella Dini (1995), che sancirono il passaggio al METODO CONTRIBUTIVO: la rata mensile della pensione è ora calcolata sulla base del montante contributivo, ovvero la somma di tutti i contributi versati durante gli anni della propria carriera lavorativa, e non più sugli ultimi salari. 

Per far sì che questo cambiamento non avvenisse in modo “violento”, venne ideato un sistema misto per le generazione che hanno vissuto e lavorato a cavallo della data presa come riferimento, ovvero il 31 dicembre 1995: sono state individuate quattro grandi categorie di lavoratori suddivisi in base ai criteri utilizzati appunto per il calcolo della pensione.   

METODO RETRIBUTIVO: Per coloro che al 31/12/95 avevano accumulato più di 18 anni di contributi e che hanno raggiunto il diritto alla pensione entro il 31/12/2011 

TUTTA LA PENSIONE CALCOLATA SULLA BASE DEGLI ULTIMI SALARI PERCEPITI (METODO RETRIBUTIVO) 

METODO PARZIALMENTE MISTO: Per coloro che al 31/12/95 avevano accumulato più di 18 anni di contributi ma che non hanno raggiunto il diritto alla pensione entro il 31/12/2011

I CONTRIBUTI VERSATI FINO AL 2011 SONO CALCOLATI CON IL METODO RETRIBUTIVO, QUELLI VERSATI SUCCESSIVAMENTE INVECE CON IL METODO CONTRIBUTIVO 

METODO MISTO: Per coloro che al 31/12/95 avevano accumulato meno di 18 anni di contributi 

I CONTRIBUTI VERSATI FINO AL 1995 SONO CALCOLATI CON IL METODO RETRIBUTIVO, PER I SEGUENTI VALE IL CONTRIBUTIVO 

METODO CONTRIBUTIVO: Per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31/12/1995 

TUTTA LA PENSIONE CALCOLATA INTERAMENTE CON IL METODO CONTRIBUTIVO 

Nonostante queste riforme, i costi a carico dello Stato rimangono elevatissimi, nel corso degli anni lo sbilanciamento tra contributi versati e pensioni erogate ha creato un debito enorme. In più l’andamento demografico in Italia non tende a cambiare, anzi con il passare degli anni l’età media continua a crescere, anche grazie al miglioramento della sanità e delle condizioni di vita, e la media di figli per coppia rimane abbondantemente sotto il due, numero che garantirebbe un incremento della popolazione. Questo trend ha causato un cambiamento demografico importante: siamo passati da una società a “Piramide” ad una nel quale la mezza età è la categoria dominante (a “Trottola”)  

Grafico 2 

La “Piramide” e la “Trottola” 

Al di là del fatto che questa sia una cosa negativa o meno, le conseguenze da un punto di vista previdenziale sono rilevanti; il debito che è stato creato negli anni continua ad avere la sua influenza: molti pensionati tutt’oggi ricevono pensioni elevate sproporzionate rispetto a quanto hanno versato durante gli anni in cui hanno lavorato. Attualmente il sistema regge, poiché nell’anno solare le entrate più o meno si equivalgono alle uscite, ma in nessun modo viene compensato lo squilibrio che ci trasciniamo dietro da oramai decenni. 

Inoltre nel 2020 il rapporto tra over e under 65 era del 36% (ovvero 2,8 lavoratori per pensionato), ma come faremo quando questo rapporto supererà il 50%, previsto per il 2040? 

Tabella 1  

Ora, facciamo un attimo un passo indietro per capire come si calcola la pensione e qual è l’influenza dei fattori demografici ed economici di cui abbiamo parlato. 

Come è stato detto in precedenza, con il metodo contributivo vigente la pensione viene calcolata sulla base dei contributi versati durante gli anni nei quali si ha lavorato, perciò ai fini del calcolo di una rata mensile teorica è necessario trovare il montante contributivo, ovvero l’ammontare totale di contributi versati durante tutta la propria carriera lavorativa. 

Vi sono tante variabili che influenzano notevolmente il calcolo, noi cercheremo di farlo nel modo più semplice e veloce possibile (noi useremo il reddito medio, nel calcolo reale si calcola anno per anno); 

il montante contributivo è dato da: 

REDDITO MEDIO x ALIQUOTA CONTRIBUTIVA x ANNI DI CONTRIBUTI VERSATI = MC 

Varia al variare della professione: 

Dipendenti 33% 

Lavoratori Autonomi (Artigiani e Commercianti) 24% 

Liberi Professionisti (No Albo o Ordini) 25,98%   etc. 

Una volta trovato il montante contributivo, questo va moltiplicato per un coefficiente che viene calcolato e comunicato dalla pubblica amministrazione, basato delle aspettative di vita medie. 

Il valore ottenuto da tale moltiplicazione indica l’ammontare della prestazione pensionistica ANNUA e LORDA, ciò significa che andrà diviso per tredici e poi da lì andranno sottratte le tasse per ottenere la cifra netta che realmente entrerà nelle nostre tasche.  

Tabella 2  

Proviamo a fare un esempio pratico chiarificante; utilizzeremo cifre arrotondate ed il metodo più semplice possibile, affinché si possa avere un’idea di come funzioni il calcolo: trattandosi di un argomento delicato e soggettivo, vi sono tanti fattori da prendere in considerazione per ottenere cifre precise, e tenere conto di tutti sarebbe controproducente nonché fuorviante.  

ESEMPIO: 

Il signor Mario Rossi, nato nel 1955, all’età di 23 anni ha aperto la propria attività come artigiano e da allora ha versato regolarmente tutti i contributi previsti per la propria categoria di appartenenza, ovvero il 24% sul reddito percepito. Ad oggi ha 66 anni e poiché ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi ha la possibilità di ricevere la pensione anticipata. 

Mediamente il sig. Rossi ha guadagnato 2000 euro netti al mese, e dunque 24000 all’anno. 

Dal momento che ha iniziato a lavorare nel ‘78 e in data 31/12/95 aveva versato 17 annualità di contributi, il sig. Rossi riceverebbe la pensione secondo i parametri del “metodo misto”; tuttavia, ai fini della spiegazione, ipotizzeremo che la prestazione pensionistica che percepirà venga calcolata esclusivamente con il metodo contributivo, in quanto chi lavora tutt’oggi dovrà utilizzare prevalentemente il seguente metodo per calcolare la propria pensione. 

Per trovare il montante contributivo faremo dunque:  

24000 x 43 x 0,24 = 247 680 (MC) 

Durante la propria carriera, il sig. Rossi ha versato contributi pari a 247 680. 

Servirà poi moltiplicare MC per il coefficiente che troviamo nella tabella, seguendo la riga dei 66 anni fino alla colonna che indica 2021/22. Troviamo il coefficiente 5,391%.  

247 680 x 0,05391 = 13 352,42 

Ora, dividendo questo risultato per tredici mensilità e togliendo le tasse (23% IRPEF per i redditi inferiori ai 15000 più gli addizionali regionali, che in Sardegna sono pari all’1,23%) il sig. Rossi si ritroverà circa con una pensione di 780 euro mensili, meno della metà del reddito che era solito percepire. 

Questi calcoli sono puramente teorici, ed è vero che un lavoratore autonomo può puntare a vendere ciò che ha creato per garantirsi una cifra che compensi la differenza tra reddito e pensione, ed è vero anche che un dipendente che invece versa il 33% del salario ha diritto a cifre proporzionalmente maggiori, ma è altrettanto importante considerare che al giorno d’oggi ben pochi riescono a trovare un’occupazione che a 23 anni garantisca quel reddito, anzi spesso e volentieri i ragazzi iniziano tardi a versare contributi e almeno nelle prime esperienze lavorative sono costretti ad accettare lavori per buona parte in nero. 

Ci tengo a sottolineare inoltre che l’andamento dei valori dei coefficienti, quasi sempre in diminuzione, indica che si va verso pensioni sempre più basse, il numero di pensionati continua a crescere e quello dei neonati a diminuire, quindi per forza di cose i costi per la pubblica amministrazione aumenteranno anno dopo anno a fronte di una riduzione delle entrate, compromettendo definitivamente un sistema già in crisi e con una necessità costante di essere riformato. 

Per tutta questa serie di motivi risulta evidente che è diventato necessario se non impellente dotarsi di una previdenza integrativa. 

Lo Stato stesso è consapevole dei propri limiti in ambito previdenziale e assistenziale, tanto che pur di stimolare i cittadini a tutelarsi mediante una previdenza complementare ha previsto una tassazione agevolata che permette di dedurre fino a 5164,57 euro annui. 

È tempo di liberarsi dei pregiudizi, non è vero che i soldi accantonati preventivamente in ottica futura sono solamente soldi in meno oggi, perché sì l’idea di non averli a disposizione fino alla pensione spaventa, ma di fatto anche solo cento euro al mese investiti nel nostro futuro possono cambiare la vita nostra e dei nostri cari.

Davide Nateri

Lascia un commento